Morfologie antiche riplasmate
Vecchi percorsi ripristinati, morfologie antiche riplasmate. Come dev’essere. Lacona dopo la mareggiata.
Vecchi percorsi ripristinati, morfologie antiche riplasmate. Come dev’essere. Lacona dopo la mareggiata.
Lacona dopo la mareggiata. Una striscia di dune livellata, il sistema di protezione distrutto. Mi dispiace da morire per chi ci ha investito risorse, lavoro e cuore. Ma se quelle dune potessero parlare, chissà cosa direbbero? “Chiamami duna di cognome, mobile di nome e di natura, e grazie davvero per quello che fate, perché so che ci tenete. Ma chi vi ha detto che volevo, o potevo, rimanere lì dove avete stabilito voi? Mi volete dare veramente una mano? Allora, toglietevi di mezzo (detto con affetto). Lasciate libera in estate la spiaggia che mi nutre di sabbia, perché se è vero che a volte il mare mi consuma, è altrettanto vero che è il mare che mi plasma e mi dà vita. E lasciatemi spazio dietro, perché sbarrata da tutte le vostre infrastrutture mi viene la claustrofobia! Fate ciò che volete, ma se non mi lasciate libera di rigenerarmi e spostarmi, prima o poi morirò quando il mare diventerà troppo invadente (ma, scusate, mai quanto voi)”.
“La vita è bella” gridava il granchio, ma l’ho sentito solo io. Creatura di interfaccia. Un po’ sopra, un po’ sotto. Senza uno non si vive, senza l’altro si muore. Equilibri improvvisati lungo un confine birbante. Flusso e riflusso, irresolubilmente determinativo. Dis-soluzione, ri-soluzione, roba di mare(a) insomma. E poi sarà sera… ma mica subito.
Riverberi di fine giornata, pensieri felicemente offuscati dalla luce riflessa di tutto ciò che è più grande di me. Che include anche quel ragnetto sul filo d’erba sopra il monte più alto della Corsica che si vede in fondo (la Corsica, non il ragnetto che è venuto leggermente fuori fuoco).
Fagocitata dal lavoro, dagli impegni (belli o brutti che siano). Si cerca di fare la persona seria, ma è una battaglia persa. Un soffio di sole verso l’ora di pranzo, poi gli scarponi si mettono a scalpitare lì vicino alla porta e chi sa come è successo che i miei piedi ci si sono trovati dentro? Non è colpa mia, ma dei sentieri che fischiano e mi chiamano e mi tirano per le cinghie dello zaino. Sarà sempre così, finché gli occhi non si stancheranno a cercare nuovi orizzonti.
Bye bye today, thanks for having me… Ciao oggi, grazie per l’ospitalità…
Impressioni fuggevoli, sguardi a caccia di barlumi sbrindellati. Era freddo il vento e sapeva di sale. Sdrucciolevoli i pensieri, ma ormai conosco bene i percorsi viscerali dentro della mia tempesta. Monte Capanne da Capo d’Enfola, e io c’ero.
Estremismi (mono)cromatici isolani.